"La memoria non è ciò che ricordiamo, maciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare." Octavio Paz

Cosa fareste se riceveste una cartolina con i nomi dei vostri bisnonni? È proprio questo il punto di partenza del libro La cartolina di Anne Berest, che inizia con un piccolo gesto, una cartolina misteriosa, ma che poi si trasforma in un viaggio nella memoria, nella storia e nelle emozioni che legano le generazioni. La mamma dell'autrice riceve una cartolina che mette Anne di fronte a un mistero: i nomi dei suoi bisnonni e dei loro figli, vittime della Shoah, sono scritti su di essa. Questa scoperta, accompagnata dall'ingombrante silenzio dei suoi genitori, spinge Anne a scavare nel passato della sua famiglia, cercando di conoscere e comprendere le radici di un'eredità che, purtroppo, è stata a lungo dimenticata. Inizia così la sua ricerca, non solo di fatti storici, ma anche di un senso di identità che è stato intaccato dalla distanza e dal silenzio.
Il romanzo è strutturato su due livelli temporali: il presente di Anne Berest, impegnata nell'indagine sulla cartolina, e la storia della bisnonna e della sua famiglia. L'autrice ci guida tra frammenti di vita, lettere, racconti, e inizia a dipanare la matassa della sua storia familiare, cercando di comprendere non solo cosa sia successo ai suoi antenati, ma anche cosa significhi essere parte di una memoria collettiva così pesante.
Infatti, un tema che attraversa buona parte del libro è il senso di colpa per essere sopravvissuti. L'autrice, e con lei il lettore, si confronta costantemente con questa domanda: cosa significa essere vivi quando tanti, tra cui i propri familiari, non hanno avuto la stessa fortuna? La memoria storica si intreccia così con quella individuale, creando un senso di responsabilità difficile da portare, come se, essendo ancora qui, dovessimo in qualche modo rendere conto di un passato che non possiamo cambiare. Come scrive Jorodovski, “Ogni generazione è una catena di montaggio che, una volta terminato il suo compito, cede il passo alla successiva.” È proprio questa sensazione di dover continuare a portare avanti una "catena" di memoria che caratterizza la riflessione di Anne Berest, e che ci mette di fronte a una verità: la sopravvivenza non è mai gratuita.
Tuttavia, verso la fine del libro, mi sono trovata a sentire un cambiamento che mi ha un po’ disturbata. Il racconto, che prima mi sembrava così autentico e sentito, ha preso una piega che a tratti mi è sembrata un po’ ipocrita. La riflessione sulla memoria e sull’identità si è fatta più artificiale, quasi come se l’autrice cercasse a tutti i costi di darci delle risposte definitive a domande che sono, in realtà, infinite. È come se avesse voluto dare un senso a tutto, chiudere il cerchio, ma ho sentito che questo rendeva la conclusione troppo forzata, poco sincera rispetto al tono delicato e riflessivo della prima parte.
Leggere La cartolina di Anne Berest è stato come salire nella soffitta dei nonni e trovarsi sopraffatti da una montagna di ricordi, belli e brutti. Un po' come aprire vecchi scatoloni pieni di fotografie ingiallite, lettere d'altri tempi, oggetti che sembrano innocui ma che in realtà portano con sé storie mai raccontate. Tuttavia, verso la fine del libro, mi sono trovata a sentire un cambiamento che mi ha un po’ disturbata. Il racconto, che prima mi sembrava così autentico e sentito, ha preso una piega che a tratti mi è sembrata un po’ ipocrita. La ricerca di risposte definitive a domande, secondo me, senza soluzione mi ha lasciata con un senso di forzatura, come se l’autrice cercasse di chiudere un cerchio che, in realtà, sarebbe dovuto restare aperto. La parte iniziale rimane per me la più riuscita, quella che mi ha emozionato di più, quella in cui la ricerca del passato è più un cammino interiore che una semplice scoperta storica.
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